L’assessore Rossi risponde alle polemiche sul trasferimento dei centri disabili Varese e Lubiana al nuovo centro di via Casaburi
La riorganizzazione dei servizi per disabili che prevede la chiusura dei centri Varese e Lubiana e l’apertura della nuova struttura “Patrizia Ferri” di via Casaburi non vuol dire “ghettizzare”: l’assessore al Welfare Laura Rossi spiega le ragioni.
La riorganizzazione dei servizi per disabili che prevede la chiusura dei centri Varese e Lubiana e l’apertura della nuova struttura “Patrizia Ferri” di via Casaburi non vuol dire “ghettizzare”, come qualcuno ha sostenuto in questi gironi di polemica circa la soluzione ipotizzata dal Comitato di Distretto di Parma. E l’assessore al welfare Laura Rossi ne spiega le ragioni partendo dal presupposto che “la nuova struttura assicura spazi assolutamente compatibili con la dimensione umana delle persone ospitate, garantisce e anzi amplia le possibilità di integrazione con una forte spinta all’innovazione ed assicura gli stessi identici livelli – spiega l’assessore – di qualità assistenziale, oltre ad offrire opportunità di sinergie interne che possono migliorare ulteriormente la qualità assistenziale nei confronti delle persone ospitate”.
A fronte della garanzia della identica qualità dei servizi, va aggiunto che la nuova struttura di via Casaburi è stata costruita, arredata e completata già dal 2006 e fino ad oggi inutilizzata. Essa si presenta particolarmente accogliente, con una garanzia di comfort certamente superiore ai Centri Varese e Lubiana. Il trasferimento del Centro Varese (10 dei 12 posti residenziali) è previsto al primo piano, nell’ala est, della nuova struttura di via Casaburi, dove sono presenti sei ampie camere con bagno, un bagno attrezzato comune, uno spazio diurno di 135 metri quadrati con annessa cucina attrezzata.
Il Centro residenziale Lubiana (10 degli 11 posti residenziali) si trasferisce sempre nella struttura di via Casaburi nell’ala sud dove si trovano sei ampie camere con bagno, un bagno attrezzato comune, uno spazio diurno di 135 metri quadrati con annessa cucina attrezzata. A ciò si aggiungono ambulatori e spazi comuni al piano terra ed al piano superiore. Qui si trova, poi, un’area per attività fisico motoria, un’area biblioteca ufficio ed una stanza per riunioni. Mentre al piano terra è presente un centro diurno per disabili, uno spazio aperto al quartiere con notevoli potenzialità legata anche alla presenza di una cucina funzionale fornita di tutte le attrezzature con la possibilità di sfruttare questo spazio per promuovere una reale integrazione con il quartiere, inteso come realtà che entra nella struttura stessa.
“Vorrei inoltre ricordare – ha precisato l’assessore Rossi – che le stesse persone che oggi criticano la struttura e la identificano in un “ghetto” sono le stesse che erano presenti nelle fasi di progettazione e costruzione ed hanno condiviso non solo le modalità con cui sono state impegnate le risorse legate al lascito della Fondazione Pini, ma anche gli investimenti ingenti di carattere pubblico effettuati a questo scopo. Non si capisce, quindi, come mai la cosa fosse prima condivisa e oggi no e perché fosse considerato prima un progetto all’avanguardia e oggi no”. Va inoltre ricordato che il trasferimento permetterà di recuperare 440 mila euro di risorse economiche, il che significa la possibilità di attivare nuovi posti e sbloccare il turnover dei posti vuoti in modo da attivare nuovi servizi sperimentali: uno rivolto ai disabili più anziani, l’altro per i disabili più giovani. “Il beneficio complessivo per la città – conclude l’assessore – è la garanzia di sostenibilità del sistema dei servizi per disabili nella prospettiva futura, assicurando risposte adeguate ai bisogni futuri”.