Il Grano di Parma in piazzale della Pace
Un modo per presentare a parmigiani e turisti una delle tante eccellenze della nostra terra.
Coltivazione di cereali in piazza della Pace. non è un cambio di destinazione ad uso agricolo, ma solo un modo per presentare a parmigiani e turisti una delle tante eccellenze della nostra terra: la produzione cerealicola di alta qualità quella che non si trova nelle coltivazioni intensive.
In piazza della Pace, fra i due trottatoi, per iniziativa di Comune di Parma e Azienda Agricola Sperimentale Stuard, sono state posate una decina di grandi cassette ripiene di terra seminata con grano, orzo e altri cereali, che cresceranno di mese in mese, fino alla mietitura prevista in luglio.
“Con questo intervento – ha affermato l’assessore Cristiano Casa al momento della presentazione - si vuole invitare i parmigiani e i turisti che visiteranno Parma nei prossimi mesi, a conoscere alcune specie della biodiversità locale che hanno caratterizzato in passato la storia della nostra terra e che hanno contribuito alla costruzione della sua fama enogastronomica. Lo facciamo volutamente in concomitanza con l’Expo, anche per valorizzare le produzioni locali di alta qualità e le aziende agricole che ancora coltivano queste specie e producono torte, caffè, orzo, gallette e altri generi non industriali”.
“Questi cereali – ha affermato Cristina Piazza dell’Azienda Sperimentale Stuard – le stiamo coltivando realmente insieme a tanti altri coltivatori che producono materie prime con le quali si confezionano prodotti di alta qualità. E’ anche questo un modo per promuovere e aiutare a vivere piccole aziende che usano i semi di una volta e producono cibi che non si possono produrre su larga scala”.
Nella fattispecie, nei vasconi posizionati lungo i trottatoi, si propone un percorso sulla storia del frumento, dal più antico al più “moderno” prima della Rivoluzione Verde degli anni ’50.
La storia
I cereali hanno una storia lunga quanto quella dell’agricoltura: sono infatti tra le specie agrarie di più antica origine e coltivazione. Presentavano del resto numerosi vantaggi: avevano un alto valore nutritivo, potevano essere conservati a lungo ed essere raccolti in breve tempo e si prestavano a moltissime utilizzazioni.
Nel bacino del Mediterraneo le prime forme domestiche sono comparse circa 10.000 anni fa, nella cosiddetta “Mezzaluna fertile”,corrispondente all’attuale Kurdistan. In alcune di queste aree ancora oggi si trovano vaste distese di frumenti selvatici. Il frumento era già noto e coltivato da tutte le antiche popolazioni italiche: i primi ritrovamenti risalgono a circa 7200 anni fa. Tuttavia furono i Romani che ne fecero la base della loro economia agricola ed alimentare e di quella dei popoli ad essi soggetti.
Durante tutto il Medioevo la coltivazione del frumento cadde in disuso per riprendere nel XVI° secolo, con un progressivo incremento delle superfici coltivate e degli studi sulla pianta e sulle tecniche di coltivazione. Agli inizi del 1800 in Pianura Padana erano coltivati sia frumento tenero che farri (frumenti vestiti); questi ultimi erano impiegati per fare minestre o farine per il pane e per l’alimentazione degli animali.
Ai primi del ‘900 in Italia la coltivazione del frumento costituiva ancora la principale fonte di reddito degli agricoltori, anche se le condizioni erano di estrema arretratezza e le rese non superavano i 10-11 q/ha (medie 1910-13), con frequenti casi in cui scendevano a 5-6 q/ha.
In quegli anni un eccezionale progresso nella produzione cerealicola italiana fu ottenuto dall’attività di miglioramento genetico di Nazareno Strampelli, che portò la resa media nel 1930-34 a 14,2 q/ha.
Le varietà selezionate da Strampelli si diffusero in tutta Italia e anche in Europa e America meridionale, fino alla Cina e sono state impiegate come materiale parentale in molti programmi di incrocio fino ai giorni nostri.
Nel parmense la coltivazione delle varietà selezionate da Strampelli fu promossa dall’attività delle “Cattedre ambulanti” e vide l’affermazione di numerose varietà di grano, come testimoniato anche da numerosi anziani agricoltori: Ardito, Virgilio, Damiano, Mentana, San Pastore, Inallettabile,Terminillo, Villa Glori, Canove, Avanzo, Rieti, Carosello, Leone e altri.
Queste varietà attualmente non vengono più coltivate, anche se a metà degli anni ’80 il San Pastore era ancora discretamente presente nelle zone collinari del nostro Appennino. Tuttavia alcune di queste destano ancora interesse per la loro rusticità, soprattutto nelle zone di montagna, e per la qualità del pane che se ne ottiene, in particolare se la farina è macinata a pietra e si impiega pasta acida per la lievitazione.